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riforma gelmini repubblica

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hisoka il prestigiatore
view post Posted on 8/5/2009, 16:20




MERCOLEDÌ, 15 OTTOBRE 2008, La Repubblica


Pagina 42 - Cronaca



Dalle elementari all´università esplode la protesta contro la riforma del ministro Gelmini. Il cuore della rivolta è tra i liceali: i primi studenti a sentirsi precari già tra i banchi, ma loro non ci stanno. E sono pronti a lottare , questa volta a fianco di prof e genitori. Ecco chi sono
Eleggono Yunus, il banchiere dei poveri, a simbolo della finanza buona
Rosina: "Chi è nato negli anni ´90 dovrà cercare di riscrivere la società"

(SEGUE DALLA COPERTINA)
MARIA NOVELLA DE LUCA

Una «protesta globale», perché, spiega Renato Pocaterra, sociologo della Fondazione Iard «quello che si sta spezzando in Italia è un patto sociale, dall´anno prossimo avremo milioni di famiglie che non sapranno più come conciliare il lavoro e la cura dei figli», con un impatto durissimo, devastante. Più che un nuovo ‘68 dunque, un nuovo 1848, come suggeriva due giorni fa Adriano Sofri, sull´inserto Emme dell´Unità. Come quando in un´Europa piegata da una feroce crisi economica, un inseguirsi tumultuoso di moti, rivolte e insurrezioni, cambiarono per sempre paesi ed istituzioni.
Forse. Per adesso il movimento che si organizza negli atenei e nelle scuole superiori è ancora in cerca di un battesimo, ma è camminando tra collettivi e assemblee che si scopre dov´è il cuore del nuovo. Non più, non solo nelle università, dove l´aria che si respira è mesta, come se qui, in molti, il domani sentissero di averlo già perso. Seduta davanti alla facoltà di Fisica alla «Sapienza» di Roma, Francesca Ambrogini, che nella primavera prossima avrà la laurea in tasca, racconta amara: «Non ho futuro come ricercatrice, non ho futuro come insegnante, ho sgobbato duramente per 5 anni e forse avrò una stage in un´azienda di informatica...». E´ tra più giovani invece, i fratelli minori che qualcosa cambia. Andrea che ha 15 anni e fa il liceo scientifico, spiega: «Nei collettivi parliamo soprattutto di diritto e di economia, e spesso invitiamo anche i prof. Cerchiamo di capire e di studiare perché sembra inevitabile avere un futuro incerto e da precari. Poi decidiamo come e quando protestare. La cosa più importante è non essere strumentalizzati: il 17 saremo tutti in piazza e anche il 30. E´ il collettivo che deve decidere non i partiti, la politica siamo anche noi».
Appunto. Eccoli. Consapevoli di come sarà la vita adulta e pronti a navigarci dentro. Alessandro Rosina, demografo dell´università Cattolica di Milano, li ha definiti «generazione post». «La differenza tra questi adolescenti e i giovani adulti che sono all´università, è che loro, i quindici-diciottenni di oggi, forse non si lasceranno schiacciare da una vita che è diventata improvvisamente senza tutele e ombrelli sociali. Mi spiego: questi adolescenti sono la prima generazione che sa con chiarezza che non potrà più contare su un lavoro fisso, sa che dovrà spostarsi, essere nomade, dovranno avere il coraggio di costruirsi una famiglia pur non avendo né sicurezze abitative né lavorative... A differenza però dei trentenni di oggi, le certezze non se le aspettano. E nella critica a questo mondo che pure dovranno affrontare hanno riscoperto il valore della politica e dell´impegno».
Perché ciò che li aspetta è duro, durissimo. «Da un punto di vista simbolico - continua Alessando Rosina, che a questa generazione no-future sta dedicando un libro - i ragazzi nati negli anni Novanta dovranno davvero cercare di riscrivere la società. Perché loro sono post in tutto. Arrivano dopo la fine delle ideologie, arrivano dopo ogni tipo di scoperta scientifica, oltre alla vita reale possiedono già quella virtuale, perché sono nati insieme ad Internet. Però sanno che il modello non è quello dei loro genitori, che potevano contare ancora, appunto, sulla scuola pubblica, sulla sanità pubblica, su un lavoro relativamente certo e su una pensione accettabile. Davanti ai loro occhi c´è una pagina bianca, ma la cosa positiva è che gli adolescenti sembrano rispondere in modo positivo, cercando vie alternative».
Insomma una ribellione diversa, per una politica nuova. Come sottolinea Alessandro Rosina, questi giovani post che il nuovo autunno caldo della scuola sta facendo emergere, sono già «massa critica, sono già un qualcosa». Chiarisce Marina Bruni, 18 anni, leader della rete dei collettivi di Napoli: «La sinistra storica e la sinistra antagonista non esistono più. Noi siamo un movimento che pensa con la propria testa, che combatte la Destra e questo Governo, ma che non appartiene e non si schiera». Infatti. Ciò che conta sono figure simbolo. «Quello che mi interessa - racconta Guglielmo, primo liceo classico al Mamiani di Roma - è l´ecologia sociale. La battaglia di Vandana Shiva, ad esempio, per un´agricoltura sostenibile, o Arundati Roy, che difende l´acqua dei contadini. Sono contro Bill Gates, dalla parte di chi offre Internet open-source. So che avrò un futuro precario, preferisco dire flessibile, mi sto preparando a tutto questo. Quello che però è inaccettabile è che questo Governo di destra abbia deciso di rubarci gli strumenti del sapere. In nome di che? Per controllarci meglio».
E Guglielmo racconta poi che mai suo padre l´ha appoggiato così tanto, che il 30 ottobre alla manifestazione ci andranno insieme ("lui però a quella del 17 non viene, preferisce muoversi con il sindacato"), e con noi, dice, «ci saranno i prof, i lavoratori». «Comunque appena posso me ne vado da questo paese, per fortuna ho studiato le lingue fin da piccolo, il nostro futuro purtroppo non è qui».
Eccolo il dato nuovo. Generazioni "con" e non generazioni "contro". Alla «Sapienza» ieri i presidi di Lettere e Scienze Umanistiche hanno partecipato all´assemblea di ateneo, mentre per un giorno e una notte, i genitori e gli insegnanti delle scuole elementari, daranno vita oggi ad un nuovo «No Gelmini days and night», con cortei, fiaccolate, occupazioni ludiche con canti e balli animati dai bambini. Anna Maria è la madre di Giada, 14 anni, liceo piscopedagogico a Torino. «Noi genitori - dice -dobbiamo fare autocritica. Per anni abbiano criticato senza pietà la scuola, abbiamo abbandonato gli insegnanti al loro destino, li abbiamo privati della loro autorità e adesso ci rendiamo conto di quello che stiamo perdendo. Un paese senza scuola pubblica non è più un paese democratico. Per fortuna non ho più figli alle scuole elementari: ma se ho potuto conciliare nella mia vita il lavoro e la famiglia è stato proprio grazie al tempo pieno. I miei figli hanno fatto scuole buone, ma se passano questi tagli, se si accorciano le ore, addirittura gli anni di scuola, come faranno poi ad inserirsi nel mercato del lavoro? E´ pazzesco. Siamo già gli ultimi in Europa. Ma forse il progetto del Governo è proprio questo: aumentare le differenze tra chi potrà pagarsi l´istruzione e chi no. Tra gli italiani di serie A e quelli di serie B...».

 
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